Genzano

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Il riposizionamento strategico del Vulture Alto Bradano sul mercato nazionale ed internazionale attraverso le Vie Francigene - Itinerario Culturale del Consiglio d'Europa.

A pochi chilometri dall’antico insediamento osco-sannita di Banzi troviamo Genzano di Lucania, il comune più a est della provincia di Potenza. La cittadina domina, da un’altitudine di 600 metri, una piana dove si produce una delle migliori qualità di grano della regione. Ma anche gli allevamenti ovi-caprini e la produzione di formaggio contribuiscono all’economia del paese che si arricchisce ulteriormente con varie attività artigianali, con la lavorazione del vetro e della meccanica di precisione.

La città si divide in due borghi: quello antico, di origine medioevale, si erge su uno sperone circondato da tre valloni di origini fluviali e la parte nuova pianeggiante che risale al 1700. L’antico nome deriva da “Gentius” che aveva un “fundus” (latifondo) nella zona di Pila Grande. In periodo osco-dauno era un pago di Bantia, quindi nel medioevo, dopo il periodo bizantino, la cittadina fu roccaforte dei Longobardi per poi passare sotto i Normanni e gli Svevi. Furono probabilmente i Normanni ad edificare, su un preesistente fortilizio bizantino o longobardo, il castello di Monteserico che ha spesso ospitato Federico II. Distante pochi chilometri da Genzano, il castello si erge su un’altura pietrosa e domina, imponente, una lussureggiante vallata seminata a grano che si tinge dei colori delle stagioni. La torre centrale di Monteserico risale all’XI-XII secolo ed è la componente più antica dell’intera struttura. Lo si deduce dal portale ogivale e dal corpo massiccio della torre stessa, modello normanno del Dongione. Recenti indagini archeologiche testimoniano la presenza di insediamenti antropici sul sito di Monteserico sin dall’ IX secolo a. C. . Il castello visse la sua stagione più florida in epoca federiciana, quando fu sede del
magister massarium Apuliae.

Un cospicuo borgo si sviluppò sul pianoro, a est del castello, tanto da superare demograficamente Genzano stessa. Lo sfruttamento improprio delle risorse ambientali portarono il borgo, a partire dalla seconda metà del XIII secolo, con gli Angioini che presero il posto degli Haunstaufen, ad una fase di decadimento alla quale seguì un progressivo abbandono. Del borgo, oggi, rimane soltanto una piccola chiesa dedicata a Santa Maria. Tanti sono stati i proprietari di questo maestoso castello: dalla feudataria Aquilina di Monteserico nel 1318 a Francesco Sanseverino nel 1375, seguono il genovese Grimaldi nel 1603 e i Doria nel 1613 succeduti dai baroni Dell’Agli-Cetti,nel 1857, e dai Cafiero nel 1875, per divenire di proprietà comunale il 13 aprile del 1989, dopo l’acquisizione dai Di Chio. Il Castello di Monteserico viene finalmente restituito alla comunità, in seguito ad un intervento di restauro, il 29 settembre 2012. Oltre che dalla maestosità, si rimane affascinati da una vista mozzafiato dove lo sguardo si perde nella distesa che pare una tela di Van Gogh.

Genzano è ricco di numerose chiese al cui interno si celano preziose testimonianze artistiche. La Chiesa di Sant’Antonio da Padova che conserva un crocifisso del XVII secolo; la Chiesa del Carmine; la Chiesa Maria SS delle Grazie che custodisce un quadro della Madonna con Bambino.
La chiesa del Sacro cuore, prima convento, al cui interno ci sono tele di Domenico Guarino e un mausoleo in pietra del XVII secolo opera di Stefano de Marinis.


La chiesa dell’Annunziata, con annesso monastero di Santa Chiara, è stata fondata nel 1321 per volere di Aquilina di Monteserico che fonda il primo monastero di monache di clausura in Basilicata. La struttura sorge su un edificio precedente, una chiesa dedicata a San Vitale e risalente all’ VIII-IX secolo. Abbattuto e riedificato nel 1348, il monastero nei secoli successivi subì alcune modifiche. Agli albori del ‘900 le ultime suore lasciarono il convento che divenne ospizio, prigione per detenuti austriaci durante la prima guerra mondiale, asilo e quindi sede della locale banda musicale, fino al definitivo abbandono avvenuto nei primi anni ‘60. Oggi la chiesa ha un aspetto tipicamente barocco ed un pregevole portale rinascimentale commissionato dai conti Ferrillo – Balsa. La chiesa è un piccolo gioiello nel cuore del centro storico che accoglie con la bellezza degli ori, i rossi e gli azzurri del delizioso pulpito in legno. Vi sono conservate, inoltre, un affresco della fine del ‘400 e sei tele fra cui la Sacra Famiglia di Paolo De Maio datata 1757 e un’Annunciazione di autore ignoto risalente alla fine del ‘600. Ai lati ci sono le grate da dove le suore di clausura seguivano la messa. Alla loro morte venivano sepolte sedute nei sotterranei della chiesa. Dietro il pulpito si trova la ruota dalla quale era possibile donare alle suore tutto ciò che serviva. La ruota, inoltre, serviva anche per depositarvi neonati indesiderati.


Un altro tesoro artistico lo si ammira nella Chiesa di S. Maria della Platea: è il polittico di Giovanni Bellini risalente al 1473 circa. Al centro dell’opera si colloca la Madonna in trono con bambino, in basso a sinistra Sant’Antonio Abate, patrono di Genzano, e San Pietro; in basso a destra, San Giovanni Battista e San Sebastiano; in alto a sinistra l’Arcangelo Gabriele dinanzi al Crocifisso; in alto la Vergine che si solleva dal trono e un San Francesco in preghiera con san Bernardo di Chiaravalle; nella predella, la Natività, i dodici apostoli intorno a Cristo e la venuta dei Magi. Non si conoscono con certezza le dinamiche che condussero quest’opera veneta in terra lucana, ciò nonostante si può plausibilmente supporre un’inerenza tra il Polittico di Genzano e la Sant’Eufemia d’Irsina, una delle rarissime statue attribuite ad Andrea Mantegna, il quale fu legato a Giovanni Bellini, di cui sposò la sorella.


Passeggiando per il centro storico troviamo La Porta di Mezzogiorno e la caratteristica Fontana Cavallina annoverata tra le 21 fontane più belle d’Italia: il 25 ottobre 1978 è stata rappresentata su un francobollo ordinario per la serie “Fontane d’Italia”. Chiamata così perché collocata sull’area che precedentemente era occupata dall’ ”orto della cavallina” dei marchesi di Genzano, la fontana è uno dei monumenti-simbolo di Genzano. E’ stata realizzata fra il 1863 e il 1895 su un progetto iniziale dell’architetto Giuseppe Antonio Locuratolo di Melfi. Si presenta a forma di anfiteatro e in stile neoclassico. Sulla sommità domina la dea Cerere, dea dell’abbondanza. E’ una copia dell’originale acefala risalente al I secolo A. C. conservata all’interno del comune.

Nelle immediate vicinanze del centro storico si trovano le antichissime fonti di Capod’acqua.
Per secoli usate come fonte primaria dalla popolazione genzanese, le sue cavità naturali hanno ospitato gruppi di monaci basiliani fuggiti dalle persecuzioni iconoclastiche del loro paese. A caratterizzare Capo d’acqua è l’effige, ritrovata nel 1619, di Maria S.S. Delle Grazie protettrice del borgo. A segnalare l’importanza religiosa del luogo è stata eretta una piccola cappella affrescata dall’artista genzanese Giuseppe Pedota. In onore della protettrice si celebra una festa religiosa nella seconda metà di agosto mentre il 17 gennaio viene festeggiato sant’Antonio abate, patrono di Genzano. Tra i riti religiosi ricordiamo anche “la Processione dell’oro” del Venerdì Santo, con le figure particolarmente suggestive delle “zingare” e dei “misteri”.

L'artigianato locale si concentra principalmente sulla lavorazione del vetro, del ferro e del legno.
Strumenti agricoli, utensileria domestica, suppellettili e attrezzi per i mestieri artigianali del calzolaio, del bottaio e del fabbro sono conservati nel Museo Etnografico dei Maestri Artigiani e della Civiltà Contadina, ospitato nei locali dell’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente del paese.

Nella tradizione culinaria di Genzano la prelibatezza principale è la pasta fatta in casa. Lagane abinate ai legumi dai ceci alle cicerchie, le orecchiette condite con i broccoli e i capunti accompagnati dal sughetto di “cim ch’ cozz” cioè le parti più tenere delle piante di zucchine. Nei secondi troviamo “le patate all’invernale” una purea di patate ripassata in padella con un pizzico di piccante, i peperoni cruschi, la zuppa a base di fave e cicorie e a quella di fave e cavoli e fagioli. Le lagane con la mollica, i sasanelli al vino cotto, il calzone e i calzoncelli addolciscono i giorni di festa in compagnia dell’immancabile aglianico. Durante i matrimoni si possono gustare i biscotti con la glassa bianca per la sposa con cacao per lo sposo.

Storia, tradizioni, sapori si compongono in un perfetto connubio che riempie il cuore.

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